I periodi di transizione sono spesso entusiasmanti, complessi e faticosi. In questi giorni sto rivedendo la disposizione dei mobili nel mio studio.
È impressionante scoprire la quantità di oggetti che si sono accumulati in soli due anni in quella piccola stanza, moltissimi dei quali del tutto superflui. Adesso lo studio è quasi vuoto e ci sto bene. È tornato ad essere uno spazio ‘vivo’, che respira, sgombro ed essenziale, fedele all’espressione che ho scelto per riassumere il mio percorso di ricerca: MinimoEssenziale.
In realtà questo è stato il lavoro più semplice. Tutto il resto (stesura della scaletta, scrittura dei testi, apprendimento delle regole di base per le riprese audio-video, ecc.) è una montagna da scalare.
Proprio in questo momento mi rendo conto di quanto sia importante fare spazio, dentro e fuori di sé. Se non c’è spazio non può entrare il nuovo che sta per arrivare.
Fare spazio significa innanzitutto trovare tempo per sé: la pratica dell’ikebana è senz’altro la mia preferita per prendermi cura di me stessa, ma lo è anche, per esempio, leggere un libro. Quindi, per affrontare questo periodo che assomiglia ad una corsa adostacoli, ho deciso di dedicare più tempo alla lettura.
E così, per restare in tema, ho pensato di concludere questo post condividendo una poesia il cui titolo ha già in sé il nocciolo della questione.
Programma di minima
Distacco, rinuncia, ascesi –
questo sarebbe già volare troppo alto.
Impressionante come di tutto si può fare a meno.
Non prendere nota delle offerte speciali,
puro piacere! Non emergere da nessuna parte,
tralasciare il più –
Acquisto di conoscenza tramite gesti di rifiuto.
Solo chi non vede tante cose
può vedere qualcosa.
L’Io: una forma cava,
definita da ciò che tralascia.
Quel che si può tener stretto,
quel che ci tiene stretti
è il meno.
Hans Magnus Enzensberger
da Chiosco (Sentimenti confusi) traduzione di Anna Maria Carpi, Einaudi