Jules Bastien-Lepage, Effet de neige, Damvillers
Quest’inverno ‘primaverile’ non riesco proprio ad apprezzarlo. E così mi sono tuffata nella lettura di un bel libro che consiglio, recentemente pubblicato da Guanda, L’invenzione dell’inverno, scritto dal giornalista Adam Gopnik. Un excursus eclettico dedicato alla trasformazione della concezione dell’inverno nel pensiero occidentale a partire dalla metà del Settecento.
Perché la predilezione per l’inverno come fonte d’ispirazione poetica, con tutto quanto di misterioso e sublime porta con sé, è un’inclinazione dei tempi moderni coltivata da intellettuali, artisti, poeti e musicisti. Dalle scene innevate di Friedrich ai lieder Winterreise di Franz Schubert, dagli effets de neige di Claude Monet a Canto di Natale di Charles Dickens.
Ma è l’autore stesso ad essersi infatuato dell’inverno, una stagione che evoca in lui ricordi di serenità, “di un raro equilibrio perfetto, mentre stavo in cima a Mount Royal, nel cuore di Montreal, con gli sci da fondo ai piedi, alle cinque di un pomeriggio di febbraio, e avvertivo una sensazione di tranquillità, un attaccamento al mondo, una comprensione della realtà, che non avevo mai provato prima”.
Consiglio di lettura: Adam Gopnik, L’invenzione dell’inverno, Guanda, 2016
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