Sono tempi difficili, lo sappiamo. Da due anni a questa parte tutte le persone a me care sono andate avanti a testa bassa per non rischiare di perdersi nella fitta nebbia pandemica e, per fortuna, non si sono perse.
Però non fa bene rimanere a lungo a testa bassa. Noi esseri umani siamo fatti per tendere verso l’alto e camminare con lo sguardo all’orizzonte.
L’esortazione a “stare eretti” ci arriva anche dall’arte dell’ikebana, in particolare da tutti quegli stili che si esprimono attraverso la verticalità: sono composizioni che richiamano in noi una sensazione di elevazione.
Sin dalla sua nascita l’arte dell’Ikebana è sempre stata considerata uno strumento di elevazione spirituale.
Negli stili antichi l’elemento principale, chiamato Shin, nasce diritto dal bordo dell’acqua e le sue linee puntano verso il cielo, con un andamento che esprime una tensione verso il divino.
Ancora oggi le composizioni verticali esprimono compostezza, forza e tenacia.
In questo periodo sento una particolare attrazione proprio verso questi stili e anche verso gli obelischi, le piramidi, le cattedrali gotiche, i grattacieli e tutte quelle opere che l’uomo ha creato nel corso della storia in sfida alla forza di gravità.
Mi ritorna in mente anche la foresta di bambù di Arashiyama, a Kyoto. Lì enormi canne di bambù svettano verso il cielo lasciandosi attraversare da miriadi di schegge di luce che vibrano nell’aria. Un’atmosfera fiabesca indimenticabile.
Poi mi ritrovo a camminare con il naso per aria e far scorrere lo sguardo fino in cima agli alberi che, in questi mesi invernali, sfoggiano tutta la loro bellezza nuda e scultorea.
Infine la danza, che amo proprio perché sa trasmettermi questa sensazione di slancio, di elevazione.
Dopo la pioggia è bello alzare lo sguardo all’orizzonte e anche più su, come fa un eccezionale Mikhail Baryshnikov, qui in stato di grazia: da rivedere più volte quando siamo un po’ giù di tono.
Stimoli così diversi tra loro possono diventare prezioso nutrimento per l’arte dell’Ikebana!