A volte una canzone risveglia un pensiero che era nell’aria.
Mi è capitato proprio questa settimana con il famoso brano cantato da Lady Gaga e Bradley Cooper per la colonna sonora del film “A Star is Born”: Shallow.
Il testo racconta di una conversazione tra due persone che parlano del bisogno di approfondire la loro relazione e di andare oltre la superficie.“Vorrei vedermi sprofondare in acque molto più profonde. Credo – così commenta Lady Gaga – che dovremmo tutti prenderci per mano e tuffarci insieme, addentrandoci nelle più oscure profondità dell’oceano”.
E tutto questo che cosa ha a che vedere con l’Ikebana?
“We’re far from the shallow now” – Stiamo lontani dal superficiale
Ecco che cosa penso quando vengo attratta da tutti quei video che girano in rete su come realizzare le composizioni di ikebana con le tecniche più stravaganti. Si vedono mani abilissime che danno vita a mirabolanti supporti per fiori con intrecci di bastoncini, fil di ferro arrotolati, foglie tagliuzzate, spilli, flower tape e mille altri espedienti che hanno lo scopo di provocare l’effetto Wow.
Vengo attratta da queste immagini e rimango a guardarle pensando che potrei farlo anch’io. Perché non lo faccio? Questa domanda ha una risposta che mi arriva dal cuore: per me non ha alcun senso.
La mia ricerca va nella direzione della semplicità, della naturalezza e dell’incontro intimo e profondo tra uomo e natura. Portare eccessiva attenzione alla tecnica rischierebbe di lasciarmi in superficie, di navigare in acque basse, facendomi perdere così la gioia di andare al largo ed esplorare le ‘vastità dell’oceano’.
Come tutte le arti, l’Ikebana ci offre un’esperienza ricca di emozioni, pensieri, ricordi e sensazioni da raccontare. La tecnica non è la protagonista di questo racconto ma un mezzo al nostro servizio, utilissimo per un fine più alto.
Questa mia riflessione si riallaccia ad un’altra del passato che trovi sul mio sito: la debolezza di voler stupire. Ti consiglio di leggerla se ami la poesia giapponese.